Fti Consulting, M&A opportunità per affrontare la crisi
Stiamo assistendo in questi ultimi anni per effetto del Covid alla più grande crisi che il mondo ricordi, dopo quella del 1929. La crisi si è manifestata dal punto di vista della domanda, dell’offerta e finanziaria con forti perdite dei mercati borsistici. Il sistema ha reagito con forti rincari delle materie prime e dei costi energetici che hanno comportato un repentino aumento del tasso di inflazione. L’impatto più importante a seguito di questa crisi è stato una forte riduzione dei margini di molte delle imprese che non sono riuscite a scaricare a valle l’effetto di questi aumenti. Un elemento che ha delle ripercussioni sul fronte dell’M&A.
Raffaele Fiorella e Francesco Leone (in foto), rispettivamente senior advisor e senior managing director di Fti Consulting Italia, parlando con Dealflower, hanno tratteggiato un quadro puntuale e dettagliato su quanto sta accadendo nel comparto delle aggregazioni industriali in Italia.
Secondo i manager il panorama così delineato sta mettendo in discussione i vecchi processi operativi delle aziende e la meccanica di tutti i processi decisionali. In questo contesto, le operazioni di M&A potrebbero essere lo strumento indispensabile per le aziende per invertire questa tendenza negativa. I numeri risultano essere confortanti nel primo semestre del 2022 dove sono stati effettuati investimenti per circa 11 miliardi valori mai raggiunti sul mercato italiano.
Il settore del private equity e dei financial sponsor vedono il mercato italiano come una grossa opportunità di sviluppo e di investimento dovuto essenzialmente alla polverizzazione delle nostre aziende per cui alla possibilità di grandi concentrazioni e alla necessità di immettere nel sistema risorse finanziarie per ripristinare gli equilibri economici finanziari. In particolare i valori delle nostre aziende in quest’ultimo periodo hanno subito hanno subito delle forti riduzioni dovuti essenzialmente a tre fattori: riduzione dei margini, riduzione dei multipli e aumento del costo del denaro. Questo rende il nostro mercato fortemente appetibile da parte di questi operatori.
M&A, un mercato in forte fermento
Secondo i manager di Fti Consulting “o per necessità o per volontà il mercato dell’M&A sarà molto attivo. L’incognita sarà capire le modalità di intervento e a che valori. Oggi il mercato dei capitali è influenzato dalle prossime scadenze di tutti i finanziamenti erogati nel periodo pandemico e garantito da Sace“.
A breve, fanno notare da Fti Consulting, la politica dovrà affrontare il tema delle garanzie Sace “che stanno per giungere a scadenza. Il sistema dovrà trovare una soluzione ai molti possibili deafault. Se non si interviene per tempo, le aziende, non potendo più accedere al sistema bancario per reperire risorse, dovranno trovare delle soluzioni alternative”.
Le mosse dei fondi e la mentalità dell’imprenditore italiano
Di fronte a un mercato così effervescente va da sé che i fondi “si stiano attrezzando”, offrendo strumenti sempre più innovativi. In particolare, sottolinea Fiorella, “i fondi hanno iniziato a offrire strumenti di supporto alle aziende che possono essere modulati attraverso equity o debito. Avranno un ruolo sempre più suppletivo alle stesse banche”. Ciò comporterà una trasformazione del mercato finanziario nel suo complesso.
E questo come si traduce sul fronte della gestione?
“L’imprenditore si deve mettere in discussione su tutto”, chiosa Fiorella. “Non ci troviamo più davanti alla classica ristrutturazione finanziaria alla quale eravamo abituati in passato. Oggi, l’imprenditore deve ridisegnare operativamente la sua azienda a livello strategico, operativo e finanziario. Ed è qui che si inserisce l’importanza del supporto dei consulenti che devono sostenere e accompagnare l’imprenditore non in un processo di ristrutturazione bensì in uno nuovo processo di trasformazione”.
Un cambiamento epocale che si scontra con una forma mentis ormai superata, soprattutto se si considera che la maggior parte delle Pmi in Italia sono a conduzione familiare.
“Le aziende familiari hanno iniziato a fronteggiare il limite dimensionale. Fino a poco tempo fa, l’Italia era di fatto una costellazione di piccole e medie imprese in mano a ottimi imprenditori; poi è arrivato il Covid. Si è iniziato a realizzare che piccolo non è più bello e che il processo di integrazione è fondamentale”, ha detto ancora Fiorella. “L’intento è quello di far capire che i tempi sono cambiati e che l’azienda deve essere managerializzata. Non ci si può permettere di attendere ma, al contrario, occorre essere proattivi. Se fino ad oggi il tessuto imprenditoriale italiano si è trovato a subire le situazioni, questo è il momento di anticipare il cambiamento, perché non si tornerà al 2019. Così come successo nel 2018, 2007 e nel 2001, siamo davanti a uno spartiacque.
Sull’argomento è intervenuto anche Francesco Leone secondo cui “le piccole aziende sono in difficoltà nel lavorare su grossi mercati internazionali ed ecco che il ruolo di trigger lo possono avere gli sponsor finanziari, più sofisticati, che possono giocare un ruolo chiave. E non mi riferisco solo ai grossi gruppi internazionali di private equity; credo infatti ci sia spazio anche per operatori locali in grado di farsi portatori di un processo di capitalizzazione, di rinnovo della struttura di capitale. L’obiettivo finale è spingere l’azienda a intraprendere dei percorsi di trasformazione che investano tutti gli aspetti, da quello operativo a quello organizzativo e culturale. Un altro passaggio importante che possono promuovere i fondi sono le operazioni di aggregazione, attraverso processi di buy&build, in modo da rendere le aziende più solide e competitive”.
Ma l’Italia è davvero un Paese per fondi?
Nonostante le ghiotte occasioni che il nostro Paese può offrire sul fronte delle aggregazioni, l’Italia presenta alcune criticità; a partire dai tempi della giustizia su cui, sottolinea Fiorella, “non ci sono certezze; coì come non c’è certezza per quanto riguarda i tempi decisionali”.
“Per i fondi, il fattore tempo è fondamentale. E lo è per due motivi: economico (costi associati alla valutazione del deal) e poi per un tema di opportunità, perché spesso si scatena un meccanismo di asta, ragione per cui alcuni fondi decidono di entrare facendo un processo di due diligence molto snello. In questo senso, una capacità distintiva di un fondo in fase di pre-deal è proprio quella di lavorare con l’azienda e il suo azionista per raccontare la tesi d’investimento e il piano di sviluppo, in modo da convincerlo di essere il partner più adatto per affiancare l’azienda nel suo percorso di crescita”.
2023: un anno di luci e ombre
Il primo semestre del prossimo anno sarà caratterizzato da una contrazione alla quale però, secondo Fiorella, “dovrà immediatamente seguire una correzione, altrimenti entreremo davvero in una fase recessiva. Il mercato dell’M&A sarà effervescente ma non come lo è stato nel 2020 e nel 2021, quando le aziende sono state valutate in modo importante. Ci sarà sempre questo ruolo importante del sistema M&A ma sarà notevolmente attenuato sotto il profilo della valorizzazione.
Gli fa eco Leone, secondo cui “all’inizio del prossimo anno è prevedibile un trascinamento della situazione d’incertezza a cui stiamo assistendo negli ultimi mesi, alla quale seguirà un secondo semestre in risalita. Il 2023, che fino a pochi mesi fa sembrava dovesse essere un anno potenzialmente negativo, probabilmente sarà migliore del previsto, grazie ad una stabilizzazione dei driver economici (costo delle materie prime) e finanziari (tassi). Forse la famosa tempesta non sarà così perfetta, per fortuna”.